La ligéra era la definizione gergale della criminalità organizzata presente a Milano fino alla prima metà del XX secolo, quando fu soppiantata da cellule fedeli alle famiglie “Cosa Nostra” siciliane, calabresi e ai clan camorristi. Ma non fatevi trarre in inganno. Gli artisti che lavorano al Ligera Ink in via Jacopo Palma 5, poco distante dalla fermata M1 Gambara, sono tutti onesti lavoratori, amanti dell’arte e ognuno specializzato in uno stile differente per soddisfare ogni richiesta. Incontriamo Simone Romeo, fotografo professionista, fondatore e manager del tattoo shop milanese, il quale ci racconta la storia di quest’avventura colorata.
Ligera: perché questo nome?
Volevo dare allo studio una connotazione tipicamente milanese. La Ligera era un manipolo di disperati che si arrabattavano per campare. Un po’ come i primi tatuatori, persone sempre sopra le righe. Ho cercato di unire questi due mondi.
Quando nasce l’idea?
Nel 2014/2015. In questi quattro anni si sono avvicendati diversi artisti da queste parti.
Qual è l’idea dietro Ligera Ink?
Essenzialmente è la creazione di un collective studio.
Com’è strutturato lo studio?
Ci sono cinque postazioni disponibili. Sono circa 120 mq suddivisi in tre stanze.
Chi sono gli artisti che lavorano a Ligera Ink?
Sono tutti giovani artisti. C’è Sandy specializzata in stile giapponese, Carol Blackwoods abile nel blackwork, Marco Volontieri dedito a un traditional old school, Letti nel cartoon e Ira nel realismo. Abbiamo anche dei guest fissi che vengono qui una volta al mese, due o tre giorni, a integrare l’offerta. Artisti come Massimo Piazzetta che fa realismo a colori, Manuel per il B&G, Truffio per il watercolor. E poi c’è qualche guest spot.
Oltre a un grande lavoro di scouting sugli artisti, Ligera Ink compie anche uno sforzo notevole sulla comunicazione digitale.
In questo momento storico è essenziale fare una comunicazione mirata. L’idea del tatuatore bottegaio, a meno che non si tratti di un nome storico, oggi è un modello di business non più attuabile. C’è bisogno di fare economia d’impresa e si traduce in uno studio con diversi tatuatori specializzati ognuno in uno stile specifico. Poi è essenziale riuscire a farsi conoscere a un più ampio pubblico possibile, attraverso i social, gli annunci sponsorizzati, la SEO web. Se non si agisce in tal modo e si aspetta che qualcuno varchi la porta, i risultati non pioveranno dal cielo.
Qual è la cosa più complicata nella gestione di uno studio di tatuaggi?
Riuscire a organizzare il lavoro di sei, sette persone, non è affatto facile. Ma la cosa più complicata è sicuramente la gestione delle dinamiche umane tra gli artisti, creare il giusto clima all’interno dello studio. Qui ci sono stati tatuatori che si consideravano geni incompresi, prime donne che nonostante fossero molto bravi, creavano un clima negativo. Spesso e volentieri la capacità empatica che sai creare nei confronti degli altri artisti che lavorano con te e dei clienti, è più importante di quello che sai fare su pelle.
Essere bravi artisti è importante, ma non troppo quindi…
È naturalmente sottointeso che il tatuaggio deve essere realizzato a regola d’arte, le linee bisogna saperle fare dritte, ma non basta più. Occorre sapere interagire con il cliente, seguirlo. Deve essere soddisfatto dell’esperienza avuta in studio. Vista la numerosa concorrenza, oggi non è più come una volta, quando l’artista si poteva permettere di trattare male il cliente. Chi viene da noi potrà trovare un bell’ambiente e dei bravi artisti. Offriamo il pacchetto completo.
www.ligeraink.it
IG: ligera_ink